Arte e Spettacolo
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- Scritto da Flavio Nimpo
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AL RENDANO LA TRAGEDIA DI SOFOCLE SECONDO IL MAESTRO LOMBARDO
A volte la solitudine è una cosa atroce,
il silenzio è una cosa insopportabile.
Alda Merini
Le pietre di una città antica, Tebe, pietre capaci di rendere la roccia voce senza tempo … I versi di uccelli come monito di vate e destinati ad aleggiare sulla vestigia di un luogo vissuto fra luci e ombre, fra sangue versato e acque lustrali per necessaria catarsi … Le note struggenti di un canto che si leva come pianto e preghiera, mentre la fiammella di una lucerna tenta di essere rito per chi è caro ma bandito da chi non riconosce leggi superne…
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- Scritto da Rita Mallamace
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LA VIS COMICA DI PLAUTO E VALERIO LUNDINI
La comicità, che è un tratto distintivo di ogni cultura in tutte le epoche, rende possibile il confronto spontaneo tra gli autori dell’antichità e quelli dei giorni nostri.
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- Scritto da Beatrice Berardelli
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UN FILM MAGNIFICO ED UNA SUPERBA PROVA DI RECITAZIONE
Definire Quel che resta del giorno un semplice film in costume o sul nazismo o, ancora, una storia d’amore impossibile, sarebbe maledettamente riduttivo. Di cosa parla esattamente questa pellicola di James Ivory, candidata a ben 8 premi Oscar? Di un maggiordomo. Nient’altro che di un maggiordomo.
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- Scritto da Francesca Carbone
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IL TOPOS DELLA ROSA DAL MONDO ANTICO AI GIORNI NOSTRI
La rosa, fiore misterico dai molteplici significati, ha assunto diverse valenze sin dall’alba dei tempi come sinonimo di bellezza, amore, sensualità, ma anche purezza e rinascita. È diventato uno dei fiori di cui, ricorrendo in ambito artistico e letterario, si abbia testimonianza fin dall’antichità come vero e proprio topos della poesia in analogia con la donna e con l’amore.
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- Scritto da Alice Rizzo
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IL FILM DI GUILLERMO DEL TORO CONQUISTA TUTTI
Usa, 2017
Genere: Drammatico, fantasy, sentimentale
Durata: 123 minuti
Regia: Guillermo del Toro
Distribuzione: 20th Century Fox
Cast: Sally Hawkins, Doug Jones, Richard Jenkins, Michael Shannon, Octavia Spencer, Michael Stuhlbar
C’è chi riesce ad andare al di là, c’è chi nella diversità ritrova la propria identità: questo sussurrano le scene del film, vincitore di quattro premi Oscar, dal titolo “La forma dell’acqua”, realizzato dal regista e sceneggiatore messicano Guillermo del Toro. Un mondo, quello messo in scena, dove diversità e mostruosità costituiscono un binomio inscindibile, il nucleo essenziale attorno al quale il film si avvolge. E così il “diverso” e il “mostruoso” emergono prepotentemente dalla storia e dai personaggi del film, ambientato nell’America percorsa dalla Guerra Fredda. Elisa, donna affetta da mutismo e addetta alle pulizie in un laboratorio segreto, vive la sua diversità insieme ai suoi unici amici: la collega Zelda, donna afroamericana, e il vicino di casa Giles, artista omosessuale. Ma il normale scorrere dell’esistenza di Sally Hawkins, nei panni di Elisa, viene turbato dall’incontro con una creatura anfibia, della quale si innamora, in virtù della sua profonda sensibilità e di una comprensione che trascende qualsiasi parola. L’amore tra i due, la condivisione della propria essenza è capace di oltrepassare qualsiasi esteriorità, ha il potere di vedere nell’altro la completezza di sé stessi e della propria “anormalità”. La totalità, che ognuno di noi ritrova nell’altro, è delineata dalla semplice quanto armoniosa poesia con cui si chiude il film: <<Incapace di percepire la forma di Te,/ ti trovo tutto intorno a me./ La tua presenza mi riempie gli occhi del tuo amore,/ umilia il mio cuore,/ perché tu sei ovunque>>. L’altro diventa dunque l’infinito da attraversare, così come il mostro si trasforma nella creatura meravigliosa da ammirare, non più emblema dei lati cupi della nostra anima. I veri mostri si nascondono tra noi, tra i “normali”, incapaci di amarci, apprezzarci per ciò che siamo, intenti sempre a ferire. Una poetica della condivisione di sé stessi è al centro del capolavoro di del Toro, la fantasia il mezzo per rappresentare la crudeltà dei nostri pensieri e la mancanza di puri slanci emotivi. Non a caso il regista afferma: «Quando le persone dicono “Oh, la fantasia è una grande via di fuga”, io sono solito rispondere “Non credo”. La fantasia è un grande modo per decifrare la realtà». E proprio la visione lucida della realtà è al centro del film, accompagnata dalla bellezza di un rapporto che travalica le apparenze e guarda dritto al sentire universale. Sappiate vedere nel cuore dell’altro, sappiate scovarne la tenerezza, il dolore, la mancanza di completezza, sappiate osservare e comprendere, sappiate guardare le scene di questo film per imparare a conoscere l’altro, il diverso che colma il vuoto dell’anima.
Alice Rizzo, IIIA Quadriennale
Articolo inviato dal prof. Flavio Nimpo
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- Scritto da Elisabeth Fiorita
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C’ERA UNA VOLTA IL TEMPO
Si dice “Chi ha tempo non aspetti tempo”, “Il tempo vola o è denaro”. Lo troviamo riportato sui biglietti del cinema, sulle confezioni della pasta o durante le partite sportive, ma cosa sappiamo davvero sul suo conto?
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- Scritto da Marianna Crocco
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ANCHE BRUNORI TRA I CANTANTI PIÙ IMPEGNATI SUI SOCIAL.
Il nostro paese oggi si trova di fronte a una delle sfide più difficili da superare a partire dal secondo dopoguerra.
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- Scritto da Dario Cilio
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Andromeda era figlia di Cefeo, re d’Etiopia, e dell’arrogante e vanitosa Cassiopea. Un giorno, per spudorata vanità, Cassiopea sostenne che la sua unica figlia fosse più bella delle Nereidi.
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- Scritto da Alice Rizzo
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POESICA: poesia e canzone, espressioni coincidenti?
Già da tempo è sorto un interessante dibattito tra scrittori, poeti e musicisti: ci si chiede, infatti, se la canzone sia anche poesia. È qui che si intravedono gli orizzonti di due opinioni differenti, oscillanti tra chi ritiene che è possibile individuare la canzone nel filone della poesia e chi, invece, afferma il contrario.
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- Scritto da Flavio Nimpo
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IL SENSO DI UN VIAGGIO NEI LUOGHI REMOTI ED ESTREMI DELL'ANIMO UMANO
L’atteso non si compie, all’inatteso un dio apre una via…
Euripide
Erano spine che entravano nell'anima
e diventavano fiori.
Alda Merini
…Sciarade infinite,
infiniti enigmi,
una così devastante arsura,
un tremito da far paura
che mi abita il cuore
Alda Merini
Le cerulee Rupi Simplegadi sono l’essenza di una vicenda narrata tra epica e tragedia lungo il filo dipanato dal Mito e, poi, tessuto da una composizione registica, ispirata dal destino di una donna, che è “nome parlante”, personaggio fatale per le sorti di uomini ed eventi.