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DICIAMO NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE!

foto violenza donne

Le sorelle Mirabal, note a tutto il mondo come attiviste del gruppo Movimento 14 giugno, il 25 novembre 1960 furono uccise a Santo Domingo per ordine del dittatore Rafael Leonidas Trujillo. Quel giorno, mentre si recavano in carcere dai loro mariti, furono bloccate per strada dagli agenti del Servizio di informazione militare,

condotte in un luogo appartato e stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastoni e strangolate per poi essere gettate in un precipizio a bordo della loro auto, così da simulare un incidente. 

Nel 1981, nel primo incontro femminista latinoamericano e caraibico svoltosi a Bogotà, in Colombia, si stabilì di celebrare il 25 novembre la Giornata contro la violenza sulle donne, in memoria delle tre sorelle Mirabal. 

A distanza di dieci anni da quell’incontro, il Center for Women's Global Leadership avviò la campagna dei sedici giorni di attivismo contro la violenza di genere proponendo attività dal 25 novembre fino al 10 dicembre, Giornata Internazionale dei diritti umani.

Nel 1993 invece, anche l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la Dichiarazione per l’eliminazione della violenza sulle donne scegliendo come data per la celebrazione il giorno di morte di Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal.

Durante il congresso si fece chiarezza sul concetto di violenza che non comprende solo quella fisica come molti credono, ma abbraccia qualsiasi atto di brutalità fondato sul genere che abbia come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata. 

La violenza sulle donne quindi può manifestarsi sotto diverse forme: 

  • Minacce, controllo costante e sistematico, gelosia e umiliazioni che minano l’autostima del partner, rientrano tra gli atteggiamenti di violenza psicologica, considerata la più pericolosa perché invisibile. Essa purtroppo nella maggior parte dei casi provoca danni permanenti.
  • La violenza fisica, riguarda tutti gli atti lesivi dell’integrità fisica della persona.
  • Se si parla di violenza economica invece, si fa riferimento a ogni forma di controllo e limitazione che impedisca alla donna di essere economicamente autonoma.
  • Il coinvolgimento in rapporti sessuali non desiderati o la prostituzione forzata, costituiscono atti di violenza sessuale.
  • Lo stalking invece, si realizza attraverso telefonate, lettere anonime o violazione del domicilio.
  • Per mobbing invece si intende ogni comportamento che danneggia l’integrità psico-fisica della persona nel rapporto o nel luogo di lavoro.

Gli atti brutali descritti talvolta sfociano nel  femminicidio. 

Quest’ultimo non può essere considerato un omicidio perché è un fenomeno culturale ben preciso: la donna è uccisa in quanto tale.

Cosa differenzia un omicidio da un femminicidio? Non è il come, ma il perché. Qui sta la differenza.

La Giornata contro la violenza sulle donne ci ricorda che bisogna eliminare il potere vetero-patriarcale che, purtroppo, costituisce ancora la base della nostra società.

Esso ha fissato ruoli ben differenziati tra i sessi in ambito lavorativo e non solo.

Le donne, ad esempio,  non sono retribuite allo stesso modo degli uomini e il loro orario lavorativo è minore rispetto a quello maschile.

Le aziende danno per scontato che la felicità di una donna sia costruire una famiglia e per questo motivo il loro congedo è differente da quello di un uomo.

Se la violenza sulle donne è un fenomeno da sempre molto sviluppato, le restrizioni legate al COVID che ci hanno costretto a rimanere a casa, hanno certamente aggravato questa piaga.

Infatti durante il lockdown, le richieste di aiuto ai centri antiviolenza  sono aumentate notevolmente, non solo in Italia ma in tutto il mondo.

Nei paesi sottosviluppati la violenza sulle donne è un problema di primissimo piano

In Nepal, ad esempio, circa 10.000 adolescenti, ogni anno, vengono vendute dalle stesse famiglie per essere avviate alla prostituzione.

Nei paesi sottosviluppati, nascere donna è considerata una disgrazia e migliaia di neonate vengo lasciate morire o gettate nei cassonetti della spazzatura.

Nonostante le molteplici rivoluzioni femministe, le donne afghane sono totalmente private del diritto all’istruzione e al lavoro, non possono prendere l’auto e spostarsi liberamente senza il consenso di un uomo. In alcuni paesi la violenza sulle donne non è riconosciuta neanche come tale, ma è considerata una pratica “normale”.

In Arabia Saudita durante una delle tante manifestazioni, poliziotti e forze dell’ordine intrappolarono giornaliste e attiviste e le molestarono.

Il giorno seguente esse scesero in piazza con i vestiti e i veli strappati nel tentativo di denunciare le violenze subite, ma lo stato negò ogni accusa, sebbene le brutalità subite da quelle donne fossero sotto gli occhi di tutti.

A questo punto sorge spontanea la domanda: perché gli uomini assumano questi atteggiamenti nei confronti delle donne?

Molto spesso sono spinti dalla frustrazione e dall’insoddisfazione di loro stessi.

Secondo i dati forniti dall’ONU, almeno una volta nella vita, il 70% delle donne di tutto il mondo subisce violenza, non solo fisica o sessuale ma anche psicologica.

Per porre fine a questo fenomeno è necessario dire BASTA! Bisogna eliminare il problema partendo dalla radice, gli uomini devono essere sensibilizzati su questo tema, devono rendersi conto di quello che subiscono le donne a causa loro.

È necessario denunciare ai Centri antiviolenza, ma soprattutto le donne abusate devono prendere coscienza delle atrocità che sono costrette a sopportare.

Non è il momento di stare in silenzio! È inaccettabile che la mentalità comune giustifichi le aggressioni  colpevolizzando le vittime.

La giustizia deve restare al fianco delle donne

DICIAMO BASTA ALLA VIOLENZA DI GENERE!

                                                                                                                      Marianna Crocco, 2B EUR

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