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Aeneas and his Father Fleeing Troy by Simon Vouet San Diego Museum of Art 809x1024

Enea sussurra quasi a se stesso...

                                            Terrificante nelle armi,

                                             s’arresta Enea, volgendo gli occhi e trattiene il colpo

                                                                                        Eneide, XII, vv. 938-939

Chiudo gli occhi per un istante. Le urla, i gemiti, i pianti intorno a me tutto ad un tratto scompaiono, regna il silenzio… L’istante diventa un giorno, una settimana, un mese, un anno. Mi risuonano nella testa delle domande. Chi sono io veramente? Che cosa voglio? Sono stato degno di questo compito che gli dei mi hanno assegnato? Sono veramente io il predestinato? Tante domande a cui non so rispondere, a cui non voglio rispondere. Esitante apro finalmente gli occhi ma… non sono più davanti a Turno,davanti ai miei soldati, davanti alla mia gente. Mi guardo intorno senza capire, ovunque guardi vedo fiamme, soldati che cadono, altri che restano in piedi, famiglie che scappano disperate. Riconosco alcuni edifici poco prima che cadano a terra logorati dalle fiamme,edifici che ho già visto molte altre volte in passato, un tempo familiari e accoglienti. Sono a Troia...una città ferita nel profondo, una città che ormai si è arresa sotto l’astuzia e la potenza del popolo greco e di Ulisse. Vedo me stesso scortare  la mia famiglia, respingere valorosamente i nemici, per proteggere i miei cari. Guardo la scena e mi commuovo, lacrime mi bagnano le guance arrossate. Mi mancano molto mio padre e mia moglie. È come se mi stessi guardando in uno specchio, uno specchio che raffigura un altro Enea rispetto a me. Vedo un Enea diverso, un vero eroe, che combatte per valori in cui crede realmente, un Enea che può essere se stesso fino all’ultimo respiro, senza essere guidato da alcuna divinità o forza superiore, senza essere influenzato dal Fato. Mi rendo conto che l’Enea che sono diventato è un guerriero che, in realtà, è tutto tranne che un guerriero, è diventato solo un semplice strumento. Le lacrime sul mio volto cadono più numerose di prima, come quando prima di una tempesta la pioggia aumenta poco alla volta. 

Mi sento il cuore incatenato, in gabbia, in una cella di cui non posseggo la chiave, una chiave che, forse, neanche esiste. Ritorno con lo sguardo al principe troiano, che ora è in ginocchio: ha perso la sua amata Creusa e, con lei, la sua vera essenza di uomo libero. Cado anch’io in ginocchio, rivivendo quel momento atroce e insopportabile. Sono caduto molte volte in passato, mi sono sempre rialzato, o almeno tutti credono che sia cosi. In realtà da quel momento in poi, sotto lo sguardo innocente del mio piccolo figlio,  ho fatto finta di alzarmi, ma, in realtà, la mia anima è rimasta a terra, impotente, immobile, senza poter fare nulla. L’ingiustizia della vita mi ha sopraffatto, mi sono arreso. Tutti dicono che sono il più forte,coraggioso e audace dei Troiani. La verità è che non sono un eroe. Non sono degno. Non sono io il predestinato. Alla parola distruzione ho sempre risposto costruzione, mi sono sempre adattato, ho accettato la nuova versione di Enea. Enea con una maschera. Una maschera che piace a tutti tranne che a me. Apro gli occhi e mi ritrovo davanti al mio avversario, vedo la cintura del mio amico Pallante sulla sua spalla. La tempesta esplode dentro di me per un istante. Come d’istinto lo trafiggo con la lama in pieno petto. Guardando il volto ormai spento di Turno mi invade una sensazione di tristezza e malinconia al tempo stesso, riesco a focalizzare tutte le cose a cui ho dato valore nella mia vita, le cose importanti: la famiglia, la devozione verso gli dei, la patria, l’accettazione della realtà...tutti sentimenti che mi hanno accompagnato nella mia impresa e che mi hanno dato la forza di andare avanti. Chiudo per una seconda volta le palpebre. Stavolta sono sdraiato sull’erba un po' bruciata di un’altura. 

Da una parte Troia sta bruciando, avverto l’agitazione, il terrore, il dolore... dall’altra vi è il mare che, con la sua maestosità, infonde calma, tranquillità. Guardo il tramonto sopra di me, dello stesso colore delle fiamme che stanno logorando la città, e mi calmo. Finalmente ho portato a termine la mia impresa dopo tanti sacrifici e sofferenze, grazie alla mia determinazione e devozione… 

Apro gli occhi, i soldati scoppiano in un boato di urla di vittoria.

Forse non sono un eroe, ma ce l’ho fatta comunque. Mi basta questo.

                        

                                                                                                                                                     Simone Picarelli, II E

 

Enea con occhi lucidi dinanzi al mare, promessa di un tempo nuovo…

                                                              Ad Enea, che mi ha consentito di comprendere 

                                                               l’importanza delle radici e dei propri cari

Dovremo partire e lasciare la nostra terra così cara e devastata intorno a noi.

Porteremo con noi la sua bellezza, il suo sapore, la sua aria, che non respireremo mai più.

Un profondo senso di solitudine e una tristezza sconfinata si accompagnano

a questo distacco. Dovremo partire. Questo luogo, da dove veniamo e dove siamo cresciuti,

ci ha plasmato in quello che siamo. Avremo altre terre, ci guiderà la speranza di recuperare

nuove parole e nuovi ricordi: il nostro passato diventerà nostalgia e non avremo mai la speranza 

del ritorno. E tu, Creusa, sei dentro di me… 

Ritrovo me stesso pensando alla tua bellezza, alla tua tenerezza e al nostro affetto. 

Sei il mio dolore, la stabilità che invano cercherò in altre donne. Il mio paese

e tu sarete amati da me per sempre, più di qualsiasi altra cosa. Passeranno gli anni e 

noi Troiani faremo grandi cose nel mondo, ma le nostre radici percorreranno per sempre il nostro

sangue. Torneremo in sogno alle nostre amate mura, ai nostri templi, alle belle strade, al

mare luminoso di Troia…

                                                                                                                                          Francesco Pagliusi, II E

Articoli inviati dal Prof. Flavio Nimpo

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