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                                     (Breve racconto mitologico dal sapore parodico)

Croce e delizia della vita, la mamma è sempre la mamma! Se, poi, il fardello si chiama Venere, allora la storia assume connotati altisonanti.  Divenuta direttrice di una scuola addirittura in terra bruzia, evento più che singolare,

considerando che il popolo dei Bruzi era rude e bellicoso, pare che addirittura lo stesso Brettio, figlio di Eracle e noto capostipite di questa stirpe italica, glielo avesse chiesto, per incivilire, in qualche modo, la sua gente, i Bretti, “i ribelli”, e avere maggiore considerazione alle donne, anche se esse già erano immagine del valore e del desiderio di libertà bruzi, se si pensa che proprio una donna, secondo la tradizione, aveva guidato il suo popolo alla conquista del colle Pancrazio, durante la cosiddetta "Battaglia della Rocca Bretica". Venere, dunque, aveva cura della  vita dei ragazzi a scuola e, intanto, non faceva che alimentare la sua autostima, sentendosi un’icona di bellezza e perfezione. Un giorno la sua convinzione fu annebbiata dall’arrivo di una fanciulla. No,non era Biancaneve; il fiore in questione si chiamava Psiche. Giovane di rara bellezza, non appena mise piede nella scuola, accentrò su di sé ogni tipo di attenzione, invidia di Venere compresa. La dea si rivolse a suo figlio Cupido, chiedendogli di colpire Psiche con una delle sue frecce e di farla innamorare dell’uomo più brutto che si fosse mai visto. Venere impazziva di gelosia al pensiero che anche il suo “cucciolo” potesse cadere nella rete della mantide e temeva che lo avrebbe buttato giù come Atlantide. Così aveva già scelto per lui una ragazza di nobili origini, bruttina forse, ma sapiente e giudiziosa, figlia adorata di Maritatus, noto docente della sua scuola. Cupido, a garanzia della sua pace e ignaro dei materni pensieri perversi, la accontentò. Durante la pausa scolastica scese in giardino e la vide subito. Ella era al centro di mille simpaticoni, scellerati proci in erba, che si contendevano la sua mano. Cuore di mamma rimase folgorato! Le farfalle avevano organizzato un party nel suo stomaco, non capì più nulla e si fece un autogoal. Quella freccia, che tanti cuori aveva unito, adesso aveva colpito proprio il suo. Si innamorarono e diedero vita alla favola più bella di sempre. Senza rivelare la sua identità poi, il folle portò la fanciulla nella fossa dei leoni, a casa di mamma e ogni notte si incontravano, per dare sfogo alla loro infinita passione, nascosta alla madre. Fino a quando Psiche, curiosa di vedere il volto del suo amore, lo illuminò con una lampada e Cupido scappò via. Fulmini e saette sotto il cielo dell’Olimpo! Venere scoprì tutto e sottopose la fanciulla a prove, che superò, merito anche di Giove, incallito marpione, che, alla fine, la trasformò in dea. Tutto è bene quel che finisce bene: i due amanti coronarono il loro sogno d’amore. E Venere? Come ogni donna di mezza età, che si rispetti, ancora oggi cerca di apparire più giovanile che mai con creme,trucchi, ritocchi, diete e sport. E fanno bene, anche se è necessario accettare il tempo che passa, perché nulla si può davanti alla giovinezza. Circa, infine, l’invadenza materna, mi viene da dire che <<quando due si vogliono, cento non possono>> e una madre non deve condizionare le scelte di un figlio. In amore, come nella vita, ognuno di noi, deve imparare a farsi strada da solo. Il vero amore ci rende liberi e ci fa sentire migliori!

                                                                                                 Alice Cennerazzo, II E 

Articolo inviato dal Prof Flavio Nimpo