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ASCOLTANDO LA VOCE DI PINDARO

terra e cielo

"Esseri di un solo giorno, che cosa siamo o non siamo?" sussurra Pindaro alle nostre anime in balìa delle onde. Trasportati dalle correnti impetuose della vita, il nostro tempo è quello di un sospiro, di un affanno, di uno sguardo rivolto altrove, di un legame inscindibile. È il tempo in cui si dispiega l'espressione della fragilità insita nel nostro vivere, si abbatte la forza dei nostri pensieri, ci si lascia cullare dal dolce o amaro destino.

Fulminei, assoluti nella nostra relatività, siamo sempre nel mezzo della navigazione, di una ricerca costante dentro e fuori di noi. Cosa cerchiamo? Noi stessi o il bello in sé? Essere, ma in fondo non essere vuol dire porre il fluire dei giorni come simbolo del nostro passaggio impercettibile, ma da rendere pieno di bellezza e da cogliere nella sua essenzialità, nella sua estasiante brevità. Le lancette continuano a muoversi, siamo noi che ci fermiamo a riflettere, a cercare quel senso di pienezza che il vuoto interiore ci porta a desiderare, quel vuoto che ci riempie di tristezza, solitudine, contraddice i nostri pensieri. Giorno dopo giorno, ci muoviamo sul filo del presente, tendendo sempre al domani che sogniamo, al futuro che sarà o all'attimo che verrà. Ogni passo rappresenta il superamento delle nostre paure più intime, dei limiti umani, ci sprona a conoscere le gioie e i dolori, sentimenti con i quali cresciamo nell'inconsapevolezza della sorte riservata. Ed è proprio la sorte che rende speciale la nostra ambivalenza: camminiamo nel buio, ma ricerchiamo la luce nell'anima e nella realtà intorno a noi. Luce e buio costituiscono i contrasti delle nostre identità, combattono tenacemente per prevalere, offuscano l'orizzonte e non ci lasciano raggiungere la totalità della nostra persona. Un'opposizione continua, però, modella il nostro sentire, lo affina, lo eleva fino ad appagarlo di una felicità instabile, sfuggevole, poco moderata. È un equilibrio che inseguiamo per agire a favore della nostra comunità, per sfruttare il tempo di cui disponiamo, anziché rimanere spettatori di un film che ci richiede di essere protagonisti. Il solo giorno, di cui parla Pindaro, è la potenza icastica della nostra esistenza, il suo essere immensa nello scorrere di un istante, è un unico giorno che accoglie in sé ciò che regaliamo all'umanità, il nostro modo di essere, l'eternità delle idee. Non siamo, dunque, incarnazione del per sempre, ma siamo l'hic et nunc arricchito dalla bellezza del nostro pensiero, dalla varietà delle nostre sofferenze. La capacità di superare gli ostacoli, di tramutarli in insegnamenti per il nostro cammino, trasforma lo spirito in un itinerario di crescita e relazioni. Solo il mettere in discussione le nostre certezze, ci permette di aggiungere all'allontanarsi dei giorni un valore speciale, unico in quanto assoluto. Siamo o non siamo? Continuerò a chiederlo a me stessa imperterrita, per scovare il senso di questo mio viaggio. Intanto cammino, inciampo, soffro, alla ricerca del suo perché…

                                                                                                                   Alice Rizzo, III A Quadriennale

Articolo inviato dal Prof. Flavio Nimpo