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GLI UOMINI NON RIESCONO A RINUNCIARE ALLA GUERRA

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Nella notte fra il 23 e il 24 febbraio la Russia ha iniziato ad invadere l'Ucraina.

Nelle principali città europee la popolazione ha iniziato a scendere in piazza per manifestare contro la guerra, l'Europa ha varato una serie di sanzioni economiche contro la Russai e il 28 febbraio le parti coinvolte si sono incontrate al confine con la Bielorussia per dar via ai negoziati. 

Lungo le sponde del mio torrente
Voglio che scendano i lucci argentati
Non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente

La famosissima canzone di Fabrizio De André, La guerra di Piero, è un’ode nei confronti di un soldato, Piero, appunto, che mette in risalto le perplessità che un combattente non può permettersi nel momento in cui si trova sul fronte ad affrontare il nemico, ma anche gli stati d’animo di chi è chiamato a combattere senza volerlo: si tratta, insomma, di uno struggente “No” alla Guerra.

La sua è anche una sorta di denuncia contro la guerra e le sue crudeltà.

La guerra è il male peggiore che possa affliggere un popolo ed è la fonte di ogni male.

Ad essa non è possibile fornire una cura assoluta e immediata. 

Ma la guerra esiste da sempre: se ne hanno testimonianze sin dalle più antiche civiltà. Basti pensare che il celeberrimo poema epico, l’Iliade, attribuito ad Omero, è   incentrato proprio sulla guerra, più precisamente quella contro la fiorente città di Troia. La guerra, quindi, per la prima volta entra a far parte della letteratura.

 Per parlare della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina è bene cominciare ad andare all’indietro. Per mettere a fuoco le vicende di oggi bisogna necessariamente partire dalla guerra di Troia. Da sempre, infatti, quel territorio è stato al centro di importanti traffici. I greci arcaici, provetti navigatori, andavano a commerciare fino in Crimea, passando per i Dardanelli e il Bosforo. Lì sorgeva Troia, che imponeva un tributo ad ogni nave che passava. In fondo gli elementi in comune sono molti: un pretesto scatenante, una mobilitazione, come dire, tutt’altro che volontaria: pensiamo a certi giovanotti russi convinti di “andare a fare un’esercitazione” e trovatisi a sparare sui civili ucraini e a commettere atrocità difficili anche da menzionare.

Per non parlare delle sanzioni. Gli dei non facevano altro che bloccare navi e mandare tempeste e pestilenze contro gli Achei, inducendoli a compiere numerosi sacrifici (come Agamennone che dovette sacrificare sua figlia Ifigenia). Ma c’è soprattutto quello che stiamo vedendo in Ucraina in questi giorni: la morte di decine, centinaia, migliaia di soldati semplici, di civili inermi, vittime per caso. La distruzione non solo delle grandi, ma delle minime economie umane: la casa appena costruita, il mulino, la vigna, il gregge. La distruzione delle famiglie per ogni profugo: esseri umani sradicati, terrorizzati e soli: c’è un taglio, una voragine, un tessuto strappato. Ci sono decine di Enea con Anchise in spalla – lo abbiamo visto di recente- centinaia di Andromaca ed Ecuba, madri che hanno perso tutto e a volte pure i figli, migliaia di piccoli Astianatte.

La situazione che permane in molte regioni dell’Ucraina è davvero preoccupante, infatti abbiamo avuto modo di vedere dappertutto, dai documentari televisivi, dal telegiornale e soprattutto tramite i social network, le terribili immagini dei civili (anche bimbi) assassinati, delle donne stuprate e bruciate dalla barbarie dei soldati russi, che, suscitano inevitabili paragoni con i crimini di guerra che l’Europa ha già visto nel secolo scorso. Ogni parte dell’Ucraina è martoriata dai bombardamenti, dalle deportazioni e da saccheggi vari.

La Russia e la NATO non hanno interesse ad un conflitto globale, che con armi nucleari potrebbe portare alla cosiddetta “distruzione mutua assicurata”. Tuttavia, quando una guerra inizia è difficile prevederne gli sviluppi e le conseguenze. In gioco non è soltanto il destino dell’Ucraina, ma quello degli equilibri, sia economici e sia politici dell’Europa, e della capacità di difesa della NATO.

Il Presidente russo gela le speranze sui colloqui di pace, che si sono per il momento conclusi, e tramite il suo portavoce fa sapere che non ci sono "novità promettenti"; il nodo da sciogliere resta la Crimea. In questi giorni non si sono fermati i bombardamenti sulle città ucraine, basti citare nomi ormai tristemente famosi come Mariupol ed Irpin.  

Dopo tanta sofferenza regalataci a piene mani da un virus invisibile e cattivo, avevamo sperato di essere diventati più buoni, più umili, più fraterni. Sarebbe stata, in verità, l’unica cosa sensata da aspettarsi. Non è ancora passato il pericolo, siamo ancora sotto la minaccia di questo micidiale nemico, ed ecco che gli uomini, stolti come già tante altre volte e sempre avidi di potere, si preparano a sbranarsi (“Homo homini lupus”, non a caso…). Balza agli occhi che la storia non ci è stata per niente d’insegnamento. La guerra certamente è distruzione. Di tutto, non solo di cose e di persone: è la distruzione della Speranza. Tanti secoli, di studi, di pazienza nel cercare di trovare l’indispensabile modo di vivere insieme senza farci male, ma godendo dei successi, della bellezza e della grandezza altrui, vengono spazzati via nel giro di poche ore. Ora va perseguita la Pace. Il 24 febbraio doveva essere un giorno qualunque per i bimbi ucraini, un giorno di scuola e di gioco. Invece, da allora, tutti loro sono costretti a nascondersi per salvarsi la vita. Prima si sono chiusi nei seminterrati con le loro famiglie, poi sono scappati in altri Stati, con le mamme, ma anche da soli: non sono pochi i bambini che hanno assistito all'aggressione militare russa in Ucraina. Ma, nonostante tutto, anche in tempo di guerra continuano a disegnare e a sognare la pace. Ora va perseguita la pace. Ricercata, rincorsa, acciuffata, trattenuta. Solo la pace è vita. Solo la pace educa.

Una canzone che racchiude in sé un messaggio di speranza è la celebre Futura di Lucio Dalla:

I russi, i russi, gli americani
No lacrime, non fermarti fino a domani
Sarà stato forse un tuono
Non mi meraviglio
È una notte di fuoco
Dove sono le tue mani
Nascerà e non avrà paura nostro figlio
E chissà come sarà lui domani
Su quali strade camminerà
Cosa avrà nelle sue mani, le sue mani
Si muoverà e potrà volare
Nuoterà su una stella
Come sei bella
E se è una femmina si chiamerà
Futura

 Secondo Dalla è facile intuire come il “domani” incerto ricalchi la paura della guerra, del conflitto, della morte. Ma c’è speranza, come si diceva: il bambino che nascerà non avrà paura. 

Il concetto espresso da Dalla non ha la pretesa di essere rivoluzionario, ma è molto ancorato alla realtà del suo tempo, quando c’era ancora il Muro di Berlino (il cantautore immagina che ad amarsi siano due giovani delle “due” città…).  D’altronde, per essere un testo scritto in una manciata di minuti ha una profondità che poche altre canzoni possono vantare.

Elena De Rosa, II A QUADR

Articolo proposto dalla Prof.ssa Maria Felicita Mazzuca

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