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LETTERA ALLE DONNE AFGHANE

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I vostri volti, costretti a nascondersi dietro un burqua  azzurro, posso immaginarli: gli occhi gonfi di lacrime e lo sguardo intriso di dolore, le labbra serrate quasi debbano trattenere con forza parole dure, rabbiose. 

Anche se dall’altra parte del mondo, riesco a vedervi. Siete obbligate a camminare sempre con un uomo al vostro fianco e convivete per strada con la paura di essere frustate o addirittura uccise da un momento all’altro, per il solo fatto di aver riso ad alta voce o aver parlato ad una persona che non sia mahram. 

Vedo anche i vostri traguardi, dopo circa venti anni di  continui sacrifici, andare distrutti. Scuole ed università chiuse. 

Assieme ai diplomi e ai libri, si riduce in cenere l’idea di diventare donne indipendenti: donne libere di studiare e di lavorare. 

I miliziani talebani invadono anche le vostre case e vi costringono a lasciarle con il solo scopo di rendervi schiave sessuali per il gruppo armato.

Vi hanno tolto il diritto di comandare il vostro corpo e di avere relazioni sessuali al di fuori del matrimonio. 

A questo incubo c’è chi prova a sfuggire. C’è chi si affretta a lasciare l’Afghanistan, un paese che attualmente obbliga voi donne a non praticare sport, a non entrare nei club o nei centri sportivi. A non incontrarvi alle feste o per scopi ricreativi. 

Io le vedo le immagini, e vedo voi ragazze: sareste potute essere mie compagne di classe. E invece no, voi dovete correre. Lasciate con un nodo alla gola la vostra terra, il luogo che ha cresciuto voi e le vostre famiglie. Ma non vi importa, voi correte, senza mai stancarvi, verso l’altro capo del mondo alla ricerca di un posto che vi dia la possibilità di coltivare le vostre passioni e mantenere viva la curiosità verso l’ignoto. Penso alle vostre vite e alla libertà che posseggo e che mi permette di esprimere le mie opinioni senza alcun timore.  Penso al mio privilegio, ottenuto grazie alla fortuna di essere nata in Italia. Questo è ingiusto, allo stesso modo dei talebani alle prese con il tentativo di cancellarvi.

Strappano via dai muri di Kabul i manifesti che ritraggono figure femminili a volto scoperto. 

Vi impediscono di apparire sui balconi delle vostre abitazioni e pitturano le finestre cosicché non possiate essere viste dall'esterno.

Io vedo anche gli articoli di giornale, che a gran voce denunciano i diritti che vi sono stati negati, e li leggo. Lo so che vi è vietato fotografare o filmare quello che vi circonda.

Questa non è vita! Non può essere considerata tale se i talebani vi obbligano a non apparire in radio, in televisione o ad incontri pubblici. 

Vogliono soffocare la vostra libertà impedendovi di parlare, si denunciare. Di ribellarvi.

Ma non abbiate timore, il mondo vi sente!

Ascolta la vostra richiesta di aiuto.

Il mondo vi ammira. Apprezza il coraggio che avete nel restare nel vostro Paese e manifestare, pur rischiando la vita, per difendere i vostri diritti. 

Il mondo vi vede e anch'essoi, assieme a voi nelle piazze, grida: LE DONNE AFGHANE ESISTONO!

                             Marianna Crocco,  II B Europeo

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