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DA PICO DELLA MIRANDOLA ALLA COSTITUZIONE

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Siamo tutto e nulla, la quiete e il moto, gli opposti che coincidono: siamo degni di esistere, rivelandoci creature fragili, ma con il desiderio di cercare la bellezza occulta di questo mondo. Sono proprio la libertà di essere e la creatività, per le quali l'uomo realizza sé stesso "ad immagine e somiglianza di Dio", gli elementi su cui, secondo l'umanista Giovanni Pico della Mirandola, poggia la dignità umana.

Tale convinzione, che vede il proprio cardine nell'esaltazione dell'uomo e della vita attiva, percorre tutto il primo Rinascimento attraverso grandi pensatori e letterati quali Giannozzo Manetti, Poggio Bracciolini, Leon Battista Alberti e Matteo Palmieri. 

Al centro del loro pensiero viene elaborato il problema del ruolo e del posto dell'uomo: quest'ultimo ha in sé ciò che Dio ha elargito alle altre creature, ha cioè la possibilità di conoscere e scegliere il campo e i livelli della sua azione (i "bruti o le "cose divine"). 

Senza dubbio sia Pico della Mirandola sia il filosofo neoplatonico Marsilio Ficino si soffermano sulla centralità dell'uomo, sulla sua dignità, sulla condizione di privilegio rispetto alle altre creature, ma, a differenza dell'Alberti e di Leonardo Bruni, il contesto nel quale l'uomo si inserisce non è storico, ma metastorico, non è la città terrena ma il cosmo. Eppure, nonostante la diversa prospettiva adoperata, emerge la necessità di esaltare l'essenza dell'uomo, la sua fisicità, le capacità di previsione, la costanza dell'impegno,vale a dire la Virtù umana, continuamente contrapposta alla Fortuna, entità imprevedibile e casuale. Ecco perché il ruolo dell’uomo, nella riflessione umanistica, si estrinseca nell’agire, nel produrre, nella vita associata e nei rapporti con gli altri, avendo come prerogativa imprescindibile la libertà. Libertà che si manifesta nella possibilità di esprimersi pienamente, di mostrare l’umanità che dentro ciascuno germoglia, di non nascondersi, diventando emblemi dell’eccellenza umana. Tutto ciò trova riscontro e vigore in molti articoli della Costituzione italiana, alla base dei quali è predominante la libertà di esistere, esprimersi, agire nel rispetto dell’altro e nella sua possibilità di solcare, come noi, i mari del reale. Già nell’articolo 2, in cui si legge “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, spicca l’importanza dei diritti che l’uomo ha in relazione a sé stesso e agli altri, nonché dei doveri insiti nella sua stessa condizione. 

Quella condizione che, per Pico, come afferma Eugenio Garin, consiste nell’essere un quis, non più un quid, nel poter essere tutto e perfino Angelo e figlio di Dio. La libera scelta diventa così essenziale per sottolineare la grandezza umana, oltre a rappresentare il “fuoco” dell’articolo 13 in cui, nel leggere “la libertà personale è inviolabile”, non possiamo che ricordarci il rilievo rivestito dall’opportunità di scegliere e agire liberamente. Solo così faremo in modo che, come suggerito dai Salmi, “Non si dica di noi che abbiamo misconosciuto l’onore che ci era concesso e siamo diventati simili a delle bestie brute, a degli animali privi di coscienza”. 

Innumerevoli gli articoli della nostra Costituzione, che inneggiano al libero vivere e pensare, evidente la volontà degli umanisti di rivendicare l’immensità che l’uomo incarna, come estremamente necessario è comprendere l’incidenza e l’importanza che ognuno di noi ha nel determinare le proprie sorti. Due, dunque, i fili conduttori di ogni esistenza: esaltazione delle potenzialità umane, affiancata dal rispetto di chi ci sta intorno e condivide con noi lo statuto di essere umano. Molto spesso, se volgiamo lo sguardo al passato, ritroviamo il modo per affrontare la vita presente, per guardare dentro e fuori di noi, per conoscerci e apprezzarci: è anche questo ciò che ci hanno trasmesso gli umanisti. Sta a noi, ora, cogliere il valore di tale insegnamento, affinché dalle pagine dei loro libri, sempre aperti ai nostri cuori, si possa ricavare l’essenza dell’uomo e del suo vivere.

                                                                                                                   Alice Rizzo, III A Quadriennale

ARTICOLO inviato dal Prof. Flavio Nimpo

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