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L'ALTRO DA SÉ NELLA NOSTRA COSTITUZIONE

straniero

Uno straniero abita in me... o forse sono io nelle mie contraddittorietà? A volte lo sento sussurrare al mio fragile animo parole sommesse, altre lo illumina di una luce accecante. Col tempo, però, ho capito che questa strana entità non è uno straniero, non è il mio nemico: è l'Altro per eccellenza.

Eppure l'essenza dell'Altro nel mondo classico era identificabile con lo ξένος o l'hostis: egli, dunque, non poteva essere qualcuno di simile all'Io. Quando arriva lo straniero, racchiude in sé come mera possibilità, contemporaneamente, tutte le sfaccettature dell'estraneità. Si nota perfino nell'episodio omerico di Nausicaa come l'altro, pur non sapendo chi fosse, era comunque destinatario di una serie di attenzioni da parte dell'ospitante: lo straniero, come afferma il sociologo e filosofo George Simmel, è, allo stesso tempo, vicino e lontano, mobile e stabile, marginalizzato e integrato. Insomma è l'ambivalenza incarnata dal prossimo, ma è un rischio da affrontare, specialmente in una realtà attraversata dal perenne bisogno dell'Altro. Quest'ultimo, in fondo, non è là fuori, non è una rassicurante estraneità alla quale opporre resistenza. Egli è nei nostri orizzonti, nel nostro vivere affannoso, nelle cadute del domani: siamo noi riflessi. Il diverso da noi, sebbene non appartenga alla nostra fisicità, è necessariamente da rispettare: questa è un’esigenza che dovrebbe essere in noi radicata e accompagnata dalla costante tensione verso ciò che stride con l’individualità di ciascuno, ma fondamentalmente la riempie di significato e valenza. Siamo portati al rispetto degli altri, non perché spinti dalla semplice tolleranza, dall’accettazione di un essere diverso, ma dalla condivisione della nostra essenza e dalla sua coesistenza con quella altrui. È un grido, colmo di dolore e speranza, che la stessa Costituzione Italiana esplica in numerosi articoli. Basti pensare emblematicamente all’articolo 3, in cui leggiamo: <<Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>. 

È proprio qui che possiamo cogliere la multiforme varietà umana che, però, deve tessere legami secondo un’eguale parità, una stessa considerazione dell’individuo, nonché relazioni vere tra un’umanità sempre alla ricerca di qualcuno su cui adagiare il capo e dimenticare le sofferenze quotidiane. Anche nell’articolo 13, che inneggia all’inviolabilità della libertà personale, evidenziamo la chiave di lettura di una serena convivenza: la coscienza della propria libertà si trasforma nella coscienza di non poter eseguire ciò che danneggia la libertà dell’Altro e invade il suo agire. Libertà pienamente espressa anche nell’articolo 21 in cui si sottolinea il diritto di <<manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione>>. Non si può non ricordare che, se si mette a tacere l’Altro, zittiamo noi stessi e umiliamo la natura umana condivisa da tutti. Lo straniero, a differenza del modo in cui era considerato presso i Greci e i Romani, è immagine della nostra persona soprattutto per alcuni aspetti: la caducità sperimentata giorno dopo giorno, le paure provate, i dubbi che ci assalgono, insomma il nostro essere umani. Sta proprio nella comprensione di ciò che è oscuro in ognuno di noi, ma determina il modo di agire e pensare, l’elemento essenziale per una piena connessione umana fondata sul rispetto e sulla capacità di apprezzare la diversità che abbraccia ogni luogo fisico e morale. In una stretta di mano, in un abbraccio caloroso che scioglie i nodi del tempo dobbiamo riporre il futuro della condivisione, dell’alterità come felicità. Dalla Costituzione al vivere comune l’Altro è insito in noi: ci riusciremo mai ad accettare una così profonda verità?

                                                                                                           Alice Rizzo, III A Quadriennale

Articolo inviato dal prof. Flavio Nimpo

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