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Dall’Eunomia di Solone alla Costituzione Italiana 

Ignoto c.d. solone replica del 90 dc ca da orig. greco del 110 ac. ca 6143

Una vita senza giustizia? È una vita allo sbando, senza riferimenti chiari e sicuri, sempre confusa. Il giusto diventa, dunque, il principio regolatore del nostro agire, il metro secondo il quale si è parte integrante di una comunità, è connaturato al fatto di essere umani e cittadini: è uno tra i bisogni primari dell’uomo, sin dai tempi più antichi.

Ed è così che il legislatore e poeta greco Solone ci presenta, nell’elegia intitolata Eunomia, il concetto di Giustizia e la sua natura: <<Tacendo conosce il passato e il presente e col tempo arriva sempre a punire>>. Solone sottolinea che Δίκη punisce a causa dell’errata condotta morale ed etica dei cittadini: non è irragionevole, senza freni, ma, al contrario, si rivolge alla misura e alla moderazione, accompagnando l’umana coscienza lontana dal desiderio di ricchezza e sempre tesa alla tranquillità della società in cui ritrova l’identità. Si tratta della serenità pacifica a cui alludono i principi fondamentali della Costituzione Italiana, i quali risultano essere simbolo della sovranità del popolo, dell’uguaglianza di fronte alla legge, della garanzia di diritti inviolabili. Tutti motivi che costruiscono uno Stato rispondente alla necessità di solidarietà del singolo e della collettività, ben diverso dalla “nave senza nocchiero” dei tempi di Dante e in parte estraneo alle ferite provocate dalle ingiustizie. Ecco perché il riconoscimento di alcuni diritti imprescindibili (quelli che il domenicano spagnolo Francisco De Vitoria definì diritti naturali) ci permette di essere innanzitutto individui, e, in un secondo momento, cittadini tutelati dalla nostra Repubblica. Come ci ricordano i versi dell’Eunomia, siamo noi a determinare l’appartenenza alla società, l’esistenza di quest’ultima, ma è compito dello Stato o, se preferiamo, del Buon Governo, quello di garantire l’espressione dell’uomo nella sua diversità e soprattutto la pari dignità sociale davanti alla Legge. Con l’art.3 si eliminano futili distinzioni e pregiudizi, che non permettono al singolo di sviluppare se stessi nel rispetto degli altri, di esprimere la propria natura senza trovare alcun ostacolo. Lo Stato Italiano, come il Buon Governo pensato da Solone, <<mette fine agli eccessi, cancella la violenza, secca sul nascere i fiori della rovina>>, insomma rende tutti noi unici e uniti verso una convivenza possibile, eliminando dai tessuti sociali i mali, che invadono l’esistenza, e trasformandoli in opere di bene. Le leggi non devono essere viste come un limite alla nostra libertà, anzi la esaltano nei suoi aspetti proficui, armonizzano i nostri istinti per metterne in luce le potenzialità. La necessità di verità, insita tra le pieghe della Giustizia, non è di pochi, ma dell’umanità intera, in quanto rappresenta per ciascuno un vivere nella reciprocità. I due piatti della bilancia con cui la Giustizia è rappresentata dal punto di vista iconografico sono un richiamo alla misura pacata di cui deve essere emblema, ci ricordano l’importanza dell’equilibrio e dell’integrità morale. Solo agendo onestamente, ci si sente pienamente realizzati nel nostro modo di essere, nel pensare senza inganno e con rettitudine. È quel senso di autenticità che l’uomo contemporaneo, come quello greco, ricerca intorno a sé e riconosce nella propria anima. Cosa saremmo senza la Costituzione, fonte di quiete nel presente e nel futuro? Bestie pronte ad assalire chi ci sta accanto, perché incapaci di rispettarne le scelte. Nella speranza di un domani, in cui domini la giusta dimensione, sta a noi cogliere il ruolo che la Giustizia riveste e l’inevitabilità della sua presenza.

                                                                                                               Alice Rizzo, III A Quadriennale

Articolo dl prof. Flavio Nimpo

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