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LA BIBLIOTECA DELLA SCUOLA INTITOLATA AL GRANDE GIURISTA

Stefano Rodotà, ex allievo del Liceo Telesio, straordinaria  personalità di studioso  tratteggiata, nell'articolo che segue, dalla penna di un giovane giurista -sicura  promessa nel suo campo-, che rende omaggio al grande Maestro.

 

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Grazie, Professore Rodotà!

Ho iniziato a leggere qualcosa del Professore Stefano Rodotà in occasione della stesura della mia tesi di laurea: da studente giovane, ne ho subito apprezzato la linearità,

la completezza, la sua capacità di arrivare velocemente al dunque, di mettere in forse le certezza della tradizione e di auspicare un miglioramento (recte, una vera e propria rivoluzione) dello statico.

Quella del Professore Rodotà è stata senza dubbio una vita di battaglie per la libertà.

Egli ha davvero fatto tanto per gli altri, prima che per sé.

Una voce pacata, mai una parola fuori posto.

Un linguaggio semplice, curato, senza dubbio comprensibile ai più.

Stefano Rodotà insegnava anche quando, fuori dall’accademia, “diceva la sua”.

Di lui non può non ricordarsi la passione e l’umanità che metteva nel trattare casi delicati e giuridicamente complessi, come quello Englaro.

Con la lucidità e la terzietà del giurista e dello studioso, egli ha sempre e solo espresso idee e opinioni ragionate e giustificate.

Ponderato, attento a non offendere, mai arrabbiato.

Anche quando affrontava temi forti ed esponeva il proprio pensiero contrario a certe tematiche, lo faceva con estrema eleganza e con cognizione di causa.

Ha sempre messo al centro dei suoi pensieri la persona, ontologicamente assiologicamente intesa, dedicando particolare attenzione al tema della responsabilità, senza la valorizzazione della quale la tutela del singolo, evidentemente, resterebbe una mera astrazione.

Il suo pensiero coraggioso e originale è sempre stato rivolto alle frontiere del futuro.

Quelli come lui vengono spesso definiti come folli, visionari, peccatori semplicemente perché capaci di guardare al di là del presente, di anticipare l’evoluzione.

Rodotà, invece, inutile negarlo, da autentico combattente delle idee, ha reso più libere e responsabili le vite degli italiani.

Molte delle leggi che oggi ci pregiamo di avere hanno tratto forte ispirazione dalla sua azione e dal suo pensiero: quella sul danno ambientale, quella sul transessualismo, quella sulla protezione dei dati personali.

A lui si deve il dibattito sul testamento biologico e le volontà di fine vita, cosi come quello sulla maternità surrogata e il diritto delle persone dello stesso sesso d’amare e di formarsi una famiglia.

Grazie al Professore Rodotà, abbiamo tracciato un netto confine tra ciò che è normale e ciò che è tradizionale. Abbiamo capito bene che non tutto ciò che è fuori dalla tradizione è, per ciò solo, anormale. E abbiamo quindi imparato ad accettare realtà diverse da quelle abitudinarie, positivizzandone la piena esistenza normativa ai fini di garantire loro una effettiva tutela.

Il Professore ha combattuto per il nostro il diritto di avere diritti anche nell'età digitale; giurista delle nuove tecnologie, ci ha insegnato a guardare al progresso con favore, ma ci ha pure invitato a considerare questo progresso con estrema cautela.

Rodotà potrebbe essere un vero modello per tutti i politici che governano/governeranno l’Italia.

Ci ha insegnato che anche gli uomini di potere, se vogliono, possono mettere passione e umanità in quello che fanno.

Ci ha dimostrato che la politica non è così inutile come sembra; e che il problema, quindi, non sono le istituzioni di per se stesse, ma coloro che in esse si collocano.

Ci ha ricordato più volte che occorre garantire il soddisfacimento dei diritti a prescindere da quali siano le scelte personali che si opererebbero nel caso concreto; e ha continuamente sottolineato che le proprie opinioni devono restare fuori dalle operazioni legislative, invitandoci a capire che si può non essere d’accordo su certe “cose”, ma che, al contempo, non si può per ciò solo ostacolare la possibilità di realizzazione piena di queste stesse “cose”.

Ci ha insegnato pure a distinguere il confine tra la libertà di pensiero (e di opinione) e la (inesistente) libertà di ledere l’altrui dignità.

Gli italiani, quindi, devono essergli senza dubbio riconoscenti per ciò che ha fatto, per come lo ha fatto, per ciò che, grazie ad esso e ai suoi insegnamenti, sarà fatto.

In particolare, credo che noi meridionali dobbiamo sentitamente dire “grazie” al professore Rodotà, specie se cosentini.

Il Professore ha offerto al mondo l’immagine di un sud che ce la fa, che non resta legato alle tradizioni perché impaurito dal progresso e dal futuro.

Con le sue idee rivoluzionarie, ha fatto diventare quella di Cosenza una città che sa guardare oltre gli stereotipi, che sa ambire a un mondo migliore, partendo dall’eliminazione delle differenze.

Particolarmente grati ad esso, poi, devono essere i giuristi italiani. E non solo per le norme che ha fatto sì loro possano oggi studiare e interpretare a tutela delle situazioni giuridiche soggettive di cui ciascuna persona è titolare.

Il Professore è stato davvero un fautore di quello che in accademia viene definito “il diritto vivente”; egli è stato capace di farci comprendere come e quanto sia necessario che il diritto si adatti alla realtà, che ne prenda contezza, che la studi, che ne colga le esigenze e che si ponga a sua tutela, a sua garanzia.

A cosa serve un ordinamento giuridico stantio, incapace di rivolgersi al nuovo, di comprenderlo e farlo sentire parte della realtà?

Il diritto deve essere inclusivo.

Tra i giuristi, poi, reputo che i ricercatori in particolare debbano fare davvero tesoro del suo modus operandi. In accademia, sembra ci insegnino spesso a guardare alle varie discipline come a dei compartimenti stagni; ognuna di esse, nel gergo burocratico, ha un codice di riferimento atta a renderla distinguibile dalle altre. Stefano Rodotà, tra le altre cose, ci ha fatto capire, coi suoi scritti, quanto sia errato guardare ad una materia senza -quantomeno provare a- considerare contestualmente quelle altre che con essa si intersecano. Ci ha insegnato che il giurista completo è quello che, pur tecnicamente configurandosi quale appartenente, per questioni formaliste, a  un certo settore, riesca comunque ad andare oltre questo stesso settore, sconfinando in quelli di “competenza altrui”.

L’auspicio è che del Professore si parli alle varie generazioni e che del suo insegnamento possa far tesoro la classe politica, a tutela del Paese che essa (dovrebbe) rappresenta(re).

Il mio liceo classico, intitolandogli questa biblioteca, ha già contributo alla realizzazione del primo degli auspici suddetti.

Un domani, gli studenti che verranno, anche se giovanissimi, leggeranno quel nome e vorranno sapere il perché di questa dedica. Così, sapranno chi è stato Stefano Rodotà, si accorgeranno di quanto, sebbene appartenente a un’epoca diversa dalla loro, egli sia, con la sua opera di insigne giurista, ad essi assai vicino e capiranno di dovergli, per vari motivi, essere profondamente grati.

Nicola Posteraro

Ricercatore Diritto Amministrativo e Sanitario presso Università Roma Tre,

ex studente telesiano

 

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