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C’ERA UNA VOLTA IL TEMPO

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Si dice “Chi ha tempo non aspetti tempo”, “Il tempo vola o è denaro”. Lo troviamo riportato sui biglietti del cinema, sulle confezioni della pasta o durante le partite sportive, ma cosa sappiamo davvero sul suo conto?

Insito nella natura dell’uomo è l’istinto di dominare un’entità dalla quale altrimenti sarebbe dominato, così nel tentativo di svelare il profondo mistero del tempo, abbiamo iniziato a misurarlo. Sfruttando gli evidenti e prevedibili moti terrestri, abbiamo imparato a contare i giorni con il sorgere e tramontare del sole e, attraverso una meridiana, li abbiamo scanditi in ore. Ma oggi alla domanda “Che ora è”, nessuno potrebbe rispondere meglio dell’Istituto Nazionale degli standard della tecnologia in Colorado, che conserva un minuscolo e preziosissimo elemento dell’universo, l’atomo di un metallo raro: il cesio. Gli atomi hanno una frequenza naturale di vibrazioni cicliche e continue perché è questo che scandisce il tempo: un processo ripetitivo. Ciò ha fatto del cesio il ticchettio ufficiale del mondo. Tutto questo non chiarisce però il concetto di tempo e dobbiamo aspettare l’invenzione della locomotiva, prima che le città sviluppino la necessità di sincronizzare gli orologi. A questo punto l’attenzione si sposta su un giovane fisico di nome Albert Einstein, impiegato nell’ufficio brevetti di Berna, dove studia i mezzi che possano rispondere a quell’esigenza: segnali del telegrafo e onde radio. Quello strano impiegato parla di spazio-tempo, sgretola la concezione newtoniana che fa del tempo un valore assoluto e lo associa piuttosto a qualcosa che ognuno sperimenta a proprio modo. In sostanza, non esiste un tic-tac universale, ma infinite lancette che si muovono ad infinite velocità. Nella vita di tutti i giorni percepiamo il tempo come un flusso continuo, quel fiume “Tam velociter, tam rapide” di Seneca. Ma gli occhi del fisico guardano da un’altra prospettiva: e se si trattasse di una serie di istantanee? Immagini allineate una dietro l’altra, tutti i nostri momenti sulla terra, le rivoluzioni dei pianeti, l’invecchiare dell’universo. Vedremmo tutti gli eventi accaduti e quelli che devono ancora succedere, come fossero fotogrammi di un film, ma senza il proiettore che sistematicamente li illumina. Per Einstein passato, presente e futuro sarebbero un’illusione e il tempo costituito da un “adesso” perenne, fatto di istanti. Così come esistono diversi modi di affettare il pane, ne esistono altrettanti per tagliare lo spazio-tempo in quelle fette di istanti che non sarebbero uguali per tutti. Veniamo dunque alla domanda cruciale: “E’possibile viaggiare nel tempo come Marty McFly in Ritorno al futuro? La risposta secondo le equazioni di Einstein è affermativa. Solo che il mezzo che ci consentirebbe di scorrazzare tra le Ere non è una DeLorean ma dei “Wormhole” (buchi spazio-temporali) per andare nel passato e dei viaggi di un paio d’ore, intorno ad un buco nero, per vedere la terra invecchiata di 50 anni. 

Secondo la neuroscienziata cognitiva italiana Domenica Bueti, direttrice del “Laboratorio di percezione del tempo” (TimeLab) è necessario focalizzarsi sull’impatto che il tempo ha sulla nostra vita. Pensiamo al tempo impiegato per imparare a parlare, a camminare o a praticare uno sport, alle pause rappresentate in grammatica da virgole e punti o alle note suonate con tempi diversi in grado di trasmettere significati emotivi distinti. In particolare è affascinante comprendere come il cervello umano domini il tempo e lo percepisca in termini di secondi e millisecondi. 

Percepiamo i colori attraverso gli occhi e i suoni tramite le orecchie, ma il tempo? Attraverso le funzioni della risonanza magnetica è stato possibile registrare l’attività dei cervelli di alcuni volontari. Tali esperimenti hanno dimostrato che più aree del nostro cervello sono coinvolte durante il processo di elaborazione del tempo, come orologi interconnessi. Il mistero rimane quello di comprendere come questi funzionino.

È chiaro, però, il fatto che la valutazione dei secondi che passano sia alterata notevolmente dalle situazioni e dall’umore, pertanto la dimensione prevalente del tempo non è quella scientifica, misurabile, ma quella psicologica e soggettiva. Ce lo dimostra Salvator Dalì con “La persistenza della memoria” nella quale rappresenta orologi liquefatti, quasi a volerne sminuire la funzione; ciò che secondo l’artista determinerebbe la scansione degli eventi è la memoria, i nostri ricordi. Pensiamo alla narrativa moderna o alla cinematografia, in cui l’oggettività del tempo è interrotta da flashback o da montaggi alternati che ci mostrano la ripetizione di un evento visto da punti di vista differenti. Per Sant’Agostino è improprio parlare di passato, presente e futuro, al contrario esisterebbero: presente del passato (memoria), presente del presente (visione), presente del futuro (attesa). Per Kant è una questione di percezioni del mondo circostante, perciò un bambino che sta scoprendo il mondo ha una vita piena, mentre con la crescita il tempo inizia progressivamente ad accelerare, sfuggendoci tra le dita. 

Su una cosa siamo e saremo sempre d’accordo con i grandi del passato: il presente è l’unico tempo che possiamo realmente vivere; la vita non è breve, ma come Seneca scrive “Per chi sa gestirla, la vita è sufficientemente estesa e atta a realizzare le cose più grandi”. Gli uomini vivono come se non dovessero morire mai, questo modo di pensare li porta, però, a morire tutti i giorni, schiacciati dalle incombenze autoimposte. Essi, spesso, sono portati a scegliere “χρòνος”( Kronos), quel gigante che nella mitologia greca era il divoratore della sua stessa progenie, il tempo cronologico, puramente misurabile e per questo mercificabile, l’orologio che corre senza aspettare nessuno, il cui ticchettio tormenta l’anima e corrode la mente. A trionfare su Kronos sono i “sapientes” che scelgono “καιρος” (kairòs), definibile come “tempo di mezzo” o “momento propizio”, ma che più specificamente è “quell’attimo fuggente”, quel “treno che passa una sola volta”. I Greci lo raffiguravano come un giovane alato che con un dito squilibra la bilancia che porta con sé. Al contrario di Kronos, Kairòs non è riducibile a leggi matematiche, niente orologi, né lancette: si tratta solo di un istante che a volte può cambiare una vita intera, un “Carpe diem” che non tutti hanno il coraggio di cogliere, perché è necessario essere audaci per vivere nel suo nome. Se il gigante scrive a matita i ricordi nel diario della memoria, il giovane alato usa un pennarello indelebile. Solo i sapienti tengono uniti tutti gli istanti di tempo, trasformandone il valore da quantitativo a qualitativo. Il saggio vive in un “oggi atemporale”, trascende il tempo, ama il suo destino e riscatta l’umanità attraverso la consapevolezza di avere una data di scadenza. È la morte che ci rende capaci di apprezzare il dono della vita e di dare un valore a tutti gli istanti di questa avventura meravigliosa. 

ELISABETH FIORITA, classe V B

Articolo inviato dalla prof.ssa Antonella Ventura